Intervista con Il Resto del Carlino (Bologna)
(Dall’inviato)
Vichy – Insiste, con l’ostinazione di un kamikaze. Anche adesso, nel momento in cui riemergono in Europa i fantasmi del razzismo e dell’antisemitismo. Robert Faurisson ribadisce le sue teorie. Fondatore (con l’americano Arthur Butz) della “scuola revisionista” nel mondo, sostiene che le camere a gas hitleriane non sono mai esistite. Nega l’Olocausto. Hitler, afferma, non progettò mai lo sterminio degli ebrei. E nei campi di Auschwitz-Birkenau, di Dachau e di Mauthausen, le vittime non furono sei milioni, ma “poche centinaia di migliaia”.
Non si avverte barlume di pietà nelle sue parole: e a noi corre un brivido lungo la schiena, perché è come se lo sentissimo, alle nostre spalle, lo sguardo dei milioni di deportati uccisi, torturati, lasciati morire di fame, di freddo, di malattia. Lui replica: “Io sono uno storico: mi interessano solo le prove. Il mio dovere di ricercatore è smontare una colossale impalcatura di menzogne.”
Non sono serviti a fargli cambiar parere le condanne in tribunale, il disprezzo manifestatogli pubblicamente, le aggressioni fisiche (otto; l’ultima delle quali lo ha mandato all’ospedale in gravi condizioni), l’aver perso il suo posto di docente universitario.
Sessantatreenne, vive a Vichy, la città in cui si insediò il governo collaborazionista francese. Una casa modesta. Una Renault vecchia di dieci anni. Una moglie che “subisce molti pregiudizi” per causa sua. Due figli che evitano di mettere il nome al campanello di casa loro. Tre processi in corso per “contestazione del verdetto di Norimberga” (in base a una legge francese del 13 luglio 1990). “La mia vita è fatta di una brutta notizia al giorno e di una umiliazione a settimana, ma non mi lamento”, commenta.
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– Faurisson, lei è un nazista? L’hanno definito “il profeta nero del revisionismo”.
Non sono nazista e non lo sono mai stato. Il nazional-socialismo per me è morto con Adolf Hitler nell’aprile 1945.
– In Europa sono ricominciate le aggressioni agli ebrei. C’è il fenomeno dei naziskin. Torna a soffiare il vento dell’intolleranza e del razzismo. In quanto storico, che cosa ne pensa?
Sospetto che dietro questi fenomeni ci sia molta invenzione giornalistica. Non so chi siano quei giovani. Diffido di quel che raccontano i giornali. E poi, di quali aggressioni parla? Non conosco un solo universitario ebreo che abbia subito in questi anni un’aggressione fisica, che abbia perso la sua cattedra d’insegnante, che sia stato trascinato in tribunale perché ebreo.
– Ma non crede ad un pericolo nazista?
Assolutamente no. So che esiste invece la tendenza a mostrare come nazisti i revisionisti: eppure l’origine del revisionismo appartiene semmai alla sinistra libertaria. Il suo primo fondatore, Paul Rassinier, fu deportato a Buchenwald. Quando tornò dai campi di concentramento scrisse un libro, La Menzogna di Ulisse: sosteneva che molti deportati, che avevano conosciuto cento prove, ne avevano raccontate mille al loro ritorno, come Ulisse.
– I revisionisti sono antisemiti o no?
È possibile che alcuni lo siano: ma fra loro ci sono anche, ed è il mio caso, molti antirazzisti, e perfino degli ebrei: ad esempio David Cole, 24 anni, di Los Angeles.
– Veniamo alla sua tesi: esiste una prova concreta e definitiva della non-esistenza delle camere a gas?
La risposta è sì. Esistono ben quattro perizie diverse, effettuate dal 1988, che vanno in questa direzione.
– Perizie fatte da chi?
La prima è americana: risale all’aprile 1988. La seconda è polacca; la terza austriaca; la quarta, tedesca; è di quest’anno.
– Come mai la stampa non ne ha parlato?
Ha parlato poco, e deformandone i risultati, solo della prima, realizzata da Fred Leuchter, specialista americano delle camere a gas di esecuzione. Leuchter si è recato nei campi di concentramento tedeschi e ha concluso, in un rapporto di 192 pagine, che le camere a gas hitleriane non potevano esistere. Noi sappiamo inoltre, grazie ad analisi chimiche su prelievi effettuati nelle presunte camere a gas, che in quelle stanze non c’è mai stato acido cianidrico: quest’ultimo resta per secoli nella pietra, nel mattone, nell’intonaco.
– Ma come può parlare di invenzione? Le testimonianze sono migliaia.
Esistevano solo camere a gas per sterilizzare e disinfestare. Funzionavano con il gas Zyklon B. Non c’erano invece camere a gas “omicide”: basta esaminare la struttura e il funzionamento delle “celle della morte” nei penitenziari americani per rendersi conto di quali problemi comporti l’esecuzione anche di un solo condannato. Ci sono problemi di tenuta stagna, di possibile esplosione del gas, di ventilazione, di neutralizzazione del gas dopo la sua utilizzazione. Come avrebbero potuto i nazisti gasare 2.000 ebrei e poi penetrare nei luoghi come niente fosse, senza maschere a gas? Sarebbero rimasti fulminati a loro volta.
– Eppure, ad Auschwitz le camere a gas si possono visitare ancor oggi.
Appunto, chiunque esamini quei locali può constatare che erano inadatti all’uso descritto. Le perizie lo hanno confermato. Perfino lo storico Arno Mayer, ebreo di Princeton, è stato costretto ad ammettere nel suo libro sulla Soluzione finale (1988) che “le fonti sulle camere a gas sono rare e non affidabili“.
– Ci sono le foto, i film, le topografie: inventate anche queste?
Riguardano solo i forni crematori e le camere di disinfestazione. Non c’è nemmeno un semplice disegno di una camera hitleriana concepita per uccidere.
E i testimoni? Non contano niente?
– Nessuno dei sedicenti testimoni è mai stato contro-interrogato fino al 1985, quando, nel corso di un processo a Toronto, il dottor Rudolf Vrba, il miglior testimone possibile, venne chiamato a deporre. Messo con le spalle al muro dall’avvocato Douglas Christie, dovette riconoscere di essersi lasciato andare alla licentia poetarum. Gli altri che ho incontrato hanno sempre finito col dirmi che, se avessero visto funzionare una camera a gas, non sarebbero stati lì a raccontarmelo. Il che significa che, per loro, non possono esserci veri testimoni di un crimine gigantesco per la durata nel tempo (tre anni) e per le proporzioni (milioni di vittime). Al che io rispondo: Se non ci sono né prove né testimoni, di che stiamo parlando?
– Lei si ostina a credere ad una messinscena. Ma a che scopo sarebbe stata orchestrata?
Per dar vita ad una terrificante leggenda nera, per far odiare il nemico: i nazisti.
– Ma gli ebrei non hanno già sofferto abbastanza? Che bisogno avevano di inventarsi le camere a gas?
Vogliono dimostrare di essere le vittime privilegiate della seconda guerra mondiale. In questo conflitto sono morte 40 milioni di persone, e gli ebrei vogliono far credere di avere sofferto più degli altri, di essere stati sterminati in base ad un genocidio programmato. E poiché ogni crimine presuppone l’esistenza di un’arma specifica, ecco comparire le camere a gas omicide, fantastici mattatoi chimici per l’Olocausto.
– Non potrà negare però la persecuzione degli ebrei: i Tedeschi deportavano gli ebrei, non i Cinesi o gli Indiani
Non c’erano solo ebrei fra i deportati. E poi per i Tedeschi gli ebrei rappresentavano una minoranza belligerante e ostile che doveva essere neutralizzata: sono le regole di tutte le guerre.
– Lei non crede di recar danno morale agli ebrei, con queste dichiarazioni?
A Galileo Galilei rimproverarono di far torto ai cristiani: in realtà cercava di non far torto all’esattezza scientifica. Ci hanno messo dei secoli, ma alla fine lo hanno riabilitato.
– Lei crede in Dio?
No. Sono ateo.
– Recentemente sono stati aperti gli archivi dell’Est. Ha trovato informazioni che confortino le sue tesi?
Sì. I Russi hanno lasciato 46 volumi di registri mortuari presi ad Auschwitz nel gennaio del 1945. Da quei volumi possiamo apprendere molte cose: per esempio che il numero degli ebrei morti è stato incredibilmente gonfiato. Per il tribunale di Norimberga il bilancio delle vittime ammonta a 4 milioni di ebrei, cifra scolpita sul monumento di Birkenau davanti al quale si sono inchinati tutti i grandi del mondo, compreso Giovanni Paolo II. Adesso però a Gerusalemme dicono che la cifra di 4 milioni non si può mantenere: si parla di 1 milione, 1 milione e mezzo, e l’iscrizione del monumento di Birkenau è stata temporaneamente tolta. Mi aspetto altre rivelazioni. Per quanto riguarda Auschwitz, i morti secondo i miei calcoli sono stati 125.000 dal 1940 al 1945: la maggior parte a causa di epidemie.
– Veniamo agli storici revisionisti. Ce ne sono anche in Italia?
Ce ne sono dappertutto, e sempre più numerosi. In Italia c’è Carlo Mattogno, che è un ricercatore di grande valore. Ce ne sono negli Stati Uniti (all’lnstitute for Historical Review di Los Angeles), in Canada (Ernst Zündel), in Gran Bretagna (David Irving), in Germania (Wilhelm Stäglich e Udo Walendy), in Austria (Gerd Honsik), in Spagna (Enrique Aynat), in Giappone, in Australia, perfino nel mondo arabo (Ahmed Rami, che vive a Stoccolma). Le nostre idee progrediscono: il revisionismo è la grande avventura intellettuale della fine del secolo.
– Lei si sente come una specie di Salman Rushdie “nero”?
Rushdie è molto più fortunato: le “belle coscienze” stanno dalla sua parte. Lui dà fastidio ai vivi: io vengo additato come il peggiore esempio di empietà e di vigliaccheria, perché assassino i morti. Ma ho ereditato forse da mia madre, che era scozzese, il coraggio dell’ostinazione. E andrò avanti fino all’ultimo.
Il Resto del Carlino, 18 novembre 1992, ed. di Bologna, p. 4.