Heinrich Himmler e gli ebrei
Gli storici lo sanno ma tendono a nasconderlo al grande pubblico: durante la seconda guerra mondiale, i negoziati, tra, da una parte, gli Alleati o le associazioni ebraiche e, dall’altra parte, le autorità del III° Reich non sono mancati. E ciò fino alla fine della guerra in Europa. Se ne ha un esempio con un documento ristampato nel 1979 (prima edizione nel 1977) dallo storico Werner Maser e di cui, il 26 giugno 2008, avevo presentato la traduzione sotto il titolo di Heinrich Himmler rende conto del suo colloquio del 15 gennaio 1945 con Jean-Marie Musy [ex presidente della Confederazione elvetica] a proposito degli ebrei.
In quel periodo avevo insistito sul più importante punto di questo “metter a verbale” (Niederschrift) di Himmler: in esso una volta ancora il Reichsfuhrer ricordava che egli si sarebbe rallegrato di vedere gli Stati Uniti accettare di ricevere la totalità degli ebrei d’Europa ma alla condizione esplicita che questi ebrei non potessero recarsi in Palestina per “martirizzarvi” ancora di più gli Arabi. Aggiungevo, documento alla mano, che Joachim von Ribbentrop, ministro degli Affari esteri, sosteneva a proposito degli ebrei la stessa politica di Himmler, una politica che era quella di tutto quanto il III° Reich. In quest’ultimo documento si poteva leggere che il Governo del Reich aveva risposto ai Britannici:
Il Governo del Reich non può prestarsi ad una manovra che tende a permettere agli ebrei di cacciare il nobile e valente popolo arabo dalla sua madrepatria, la Palestina. Questi negoziati non potranno perseguirsi se non alla condizione che il Governo britannico si dichiari pronto ad ospitare gli ebrei in Gran Bretagna [e nell’Impero britannico], e non in Palestina, e che esso garantisca loro che potranno stabilirvisi definitivamente.
C’è un altro punto dello scritto di Himmler che merita anche attenzione. Nel primo paragrafo si legge che il Reichsführer aveva, nuovamente, precisato a Jean-Marie Musy la sua posizione riguardo gli ebrei assegnati al lavoro:
Noi assegniamo gli ebrei al lavoro e, beninteso, inclusi i lavori duri [in schweren Arbeiten] quali la costruzione di strade, di canali, gli scavi minerari e lì vi trovano una forte mortalità. Da quando sono in corso le discussioni sul miglioramento delle condizioni di vita degli ebrei, essi sono impiegati ai lavori normali [in normalen Arbeiten], ma va da sé che devono, come ogni Tedesco, lavorare negli armamenti.
Da questo passo risulta che durante la guerra avvenivano delle “discussioni” volte “al miglioramento della sorte degli ebrei” e, in particolare, sulla sorte degli ebrei assegnati al lavoro nei campi o altrove. Queste discussioni, i Tedeschi potevano averle avute sia con le organizzazioni internazionali come il Joint Distribution Committee fondato nel 1914 da ricchi ebrei per prestare soccorso ai loro confratelli in un’Europa in guerra, sia con le autorità americane o britanniche che si servivano, come in questo caso, di un intermediario elvetico. È falso pretendere che, durante la guerra, gli Alleati, i Neutrali e gli ebrei della Diaspora si sono disinteressati della sorte degli ebrei sotto controllo tedesco. E i negoziati hanno potuto, come nel caso considerato, approdare ad un miglioramento della sorte di questi ebrei. Mentre, nei campi o altrove, dei non ebrei continuavano ad essere costretti a “lavori duri”, invece gli ebrei, loro, ne erano dispensati perché la loro mortalità era troppo importante.
Ad Auschwitz, durante l’estate e l’autunno dell’anno 1942, la mortalità dei detenuti aveva assunto delle proporzioni allarmanti, specialmente a causa di epidemie di tifo. Di qui la decisione delle autorità tedesche di moltiplicare i crematori – dato che le inumazioni si rivelavano impossibili a causa della natura acquitrinosa del suolo – e, nello stesso tempo, di iniziare a ridurre questa mortalità. Himmler faceva allora inviare a tutti i comandanti dei campi (ivi compresi quelli di Auschwitz e di Lublin-Majdanek) delle istruzioni tese a ricorrere a “tutti i mezzi per diminuire il numero dei morti”. I generali SS Oswald Pohl e Richard Glücks erano incaricati di questa missione (documento americano nei diversi processi di Norimberga registrato sotto la sigla NO-1523 [NO = Nazi Organizations] del 20 gennaio 1943 firmato da Glücks). Otto mesi dopo, il 30 settembre 1943, Pohl relazionava a Himmler del successo della sua missione e gli storici concordano nel riconoscere la sensibile diminuzione del numero di morti nel 1943. L’8 ottobre dello stesso anno Himmler scriveva direttamente a Pohl per esprimergli i suoi “ringraziamenti” e la sua “gratitudine”. Lo scambio di questi messaggi, provvisto, secondo l’uso, del timbro “Segreto”, figura nel documento americano PS-1469 [PS = Paris-(Colonel) Storey]. L’esistenza di questi documenti è passata sotto silenzio nella bibliografia documentaria, che eppure fa riferimento, di Jacob Robinson e Henry Sachs, The Holocaust: The Nuremberg Evidence (Yad Vashem Memorial [Gerusalemme] e Yivo Institute for Jewish Research [New York], Gerusalemme 1976).
Si divulga su “Himmler e gli ebrei” tutta una leggenda secondo la quale il Reichsfuhrer ordinava ed organizzava la morte degli ebrei e, in generale, a sostegno di questa tesi si invocano i suoi discorsi sedicentemente segreti di Posen e altrove. Ho dimostrato la vacuità di questa accusa (Réponse à Pierre Vidal-Naquet, 2a edizione, La Vieille Taupe, Parigi 1982, p. 22-25; ed io qui non ci ritornerò sopra. Himmler considerava certamente gli ebrei come nemici reali o potenziali del Reich ma – se ne ha dunque qui la conferma – egli non ricercava per nulla la loro morte. All’occorrenza, vista la loro mortalità, egli arrivava fino al punto di dispensare gli operai ebrei dai lavori più duri. Il 23 giugno 2002, negli Stati Uniti, durante un congresso dell’Institute for Historical Review, avevo dedicato il mio intervento a “La repressione dovuta alle autorità del III° Reich dei Tedeschi che avevano maltrattato degli ebrei (1939-1945)” (il testo di questo mio intervento non è stato ancora messo in francese ). Vi facevo menzione di passaggio del documento Ni-10847 [NI = Nazi Industry]; in esso si nota che i lavoratori ebrei che si ritenevano vittime di violenze d’ogni specie, inclusa la semplice somministrazione d’uno schiaffo da parte d’un caporeparto tedesco, avevano il diritto di sporgere denuncia presso il loro “delegato ebreo”, che trasmetteva la detta denuncia presso il direttore della fabbrica, il quale richiedeva al caporeparto una spiegazione scritta (fabbrica di Günthergrube, ad Auschwitz-III, il 25 maggio 1943).
Se ne avrò il tempo, redigerò una relazione di questa conferenza dove ho specificatamente trattato della condanna a morte (seguita da esecuzione) dai tribunali o dalle corti marziali del III° Reich di soldati, di ufficiali o di funzionari tedeschi che si erano resi colpevoli verso gli ebrei di assassinio o di furto, in Francia, in Ungheria, in Ucraina o altrove. Al processo di Norimberga, Horst Pelckmann, avvocato delle SS, ha potuto produrre 1.593 attestazioni che sotto giuramento negavano ogni conoscenza di un programma di assassinio di ebrei ed ha dichiarato: “Numerosi membri si riferiscono a titolo di prova al fatto che ci sono state numerose condanne a morte o ai lavori forzati inflitte in seguito a crimini commessi contro persone ebree o contro beni di ebrei” (TMI, XXI, p. 390).
Alla fin fine, da qualsiasi angolatura la si esamini, la tesi di uno sterminio fisico degli ebrei si rivela decisamente insostenibile. Questa tesi non era che un’invenzione della propaganda di guerra e d’odio, ancora oggi mantenuta dalla religione dell’“Olocausto” e dallo “Shoah-Business”.
16 luglio 2012
Traduzione a cura di Germana Ruggeri