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Possibilità teorica di abrogare, in Francia, la legge antirevisionista del 1990

Nel momento in cui il governo francese spinge tutti i paesi dell’Unione europea che non ne possiedono ancora una a dotarsi di una legge antirevisionista, un lungo articolo de Le Monde ci ricorda che a partire dal 1 marzo 2010 il Consiglio costituzionale potrà oramai venire direttamente adito dalle parti in giudizio. Queste ultime avranno la possibilità di contestare le leggi che, in passato, non sono state sottoposte al detto Consiglio, oggi presieduto da Jean-Louis Debré e dove siedono, ad esempio, Valéry Giscard d’Estaing e Jacques Chirac (Jean-Baptiste de Montvalon, Big bang chez les SagesLe Monde, 23 febbraio 2010, p. 14).

In Francia, la legge antirevisionista è stata adottata in seguito a qualche decisione giudiziaria che riconosceva la qualità di certe opere revisioniste. Per esempio, Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers e Simone Veil non avevano potuto nascondere la loro agitazione davanti alla sentenza emessa il 26 aprile 1983 dalla prima camera civile, sezione A della corte di appello di Parigi (presidente Grégoire), nell’affaire Faurisson. Vi si diceva che in ragione della serietà delle ricerche del professore (nessuna traccia di negligenza, di leggerezza, d’ignoranza deliberata o di menzogna) qualsivoglia persona doveva avere il diritto di dire che le camere a gas naziste non sono esistite.

Destinata nello stesso tempo a imbavagliare i revisionisti ed a controllare i giudici, la legge Fabius-Gayssot è stata ricalcata su una legge israeliana del 16 luglio 1986. I suoi promotori sono stati Pierre Vidal-Naquet (che, più tardi, simulerà d’essere contro questa legge e che, verso la fine della sua vita, si appellerà personalmente ad essa), il rabbino capo René Samuel Sirat e, soprattutto, Laurent Fabius. Verrà definitivamente adottata, a maggioranza dei votanti, il 13 luglio 1990. A partire dal mese di maggio del 1990, l’affaire del cimitero ebraico di Carpentras aveva dato luogo ad una delle più spettacolari isterie collettive della specie giornalistica e politico-religiosa. A Notre Dame si era giunti al punto di far suonare il campanone. All’epoca, sarebbero stati sufficienti 60 deputati e senatori per adire il Consiglio costituzionale sul caso di questa nuova legge ma la paura di sembrare antiebraico aveva paralizzato le buone volontà. Bisogna essere stato testimone di questa isteria per comprendere lo spavento dei nostri deputati e senatori.

A riguardo di questa legge, che egli chiama “legge Gayssot” e che, per errore, data al 13 gennaio 1990, J.-B. de Montvalon scrive: “Il principio della libertà di espressione darà ragione a tutti quelli – revisionisti e militanti di estrema destra compresi – che patrocinano da lungo tempo la sua abrogazione? […]. Essa ha fatto parte di quelle disposizioni legislative che, in ragione d’un consenso politico al momento della loro adozione, sono sfuggite ad ogni controllo di costituzionalità […]. Per Dominique Rousseau, professore di diritto costituzionale all’università di Montpellier-1, si tratta né più né meno di un ‘big bang giurisdizionale’, di una ‘bomba a scoppio ritardato’ […]. Questa cataclisma annunciata è, per prima cosa e prima di tutto, ‘un’avanzata formidabile delle libertà dei cittadini’, come sottolinea l’avvocato Castelain. I sottoposti a giudizio potranno d’ora in poi avvalersi dei ‘diritti e delle libertà che la Costituzione garantisce’. I loro avvocati potranno trarre argomento dai principi annunciati nella Legge fondamentale, come pure nei testi – tra cui la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino – ai quali rinvia il suo preambolo […]”.

In Canada, l’ipocrita legge “antirazzista” che permetteva di gettare i revisionisti in prigione potrebbe essere soppressa. In Ungheria, una legge antirevisionista è stata appena adottata.

23 febbraio 2010