Su Auschwitz, un documento capitale della Croce Rossa Internazionale

(Questo documento assolutorio viene tradizionalmente troncato per essere trasformato in un documento probatorio a carico.)

Osservazione: Questo testo figura tra i documenti sull’attività del Comitato Internazionale della Croce Rossa pubblicati nell’immediato dopoguerra. È di capitale importanza. (Lo possiedo nella sua forma integrale ma a titolo riservato. Devo tuttavia riconoscere che le parti inedite non cambiano nulla nel senso di quanto già pubblicato, il che, tra l’altro, dimostra che uno scritto può essere tagliato senza essere snaturato.) Tutti possono leggere questo testo nella seguente opera: Documents sur l’activité du Comité International de la Croix Rouge en faveur des civils détenus dans les camps de concentration en Allemagne (1939-1945) (vol. I, Ginevra, aprile 1947). Il titolo è “Visita di un delegato del CICR al comandante del campo di Auschwitz (settembre 1944)”. A pagina 92 ci sono cinque frasi che formano un tutt’uno; occupano un paragrafo. Per chiarezza ho numerato ciascuna di queste frasi. Si vedrà come hanno proceduto gli Americani nell’accogliere, per i propri “processi di Norimberga” (processi Telford Taylor, detti “NMT”, Nuremberg Military Tribunal) soltanto le prime due di queste cinque frasi.

Il Centre de documentation juive contemporaine di Parigi (CDJC), a sua volta, ha trattato il testo a modo suo. Poi Marc Hillel lo ha migliorato per le esigenze della causa. Altri ancora hanno snaturato questo documento, per esempio i responsabili del museo di Auschwitz.

Questo documento era un po’ imbarazzante per i giudici-accusatori. Coloro avrebbero potuto ignorarlo. Hanno preferito sottoporlo a dei trattamenti tali che, da documento a discarico, è stato trasformato in documento a carico!

Notiamo qui che la Croce Rossa Internazionale, come il Vaticano e come numerosi altri organismi, dichiarò dopo la guerra di aver ignorato tutto di queste vicende di “camere a gas” e di “genocidio”. La realtà è diversa: questi organismi avevano necessariamente sentito parlare di queste storie, ma indagini rapide come quella qui riportata li avevano senz’altro fatti pensare che si trattasse di frottole di guerra.

Le cinque frasi capitali del rapporto della Croce Rossa su Auschwitz (settembre 1944):

  1. “Spontaneamente, il principale uomo di fiducia britannico di Teschen ci ha chiesto se eravamo a conoscenza della ‘sala di docce’.”
  2. “Circola la voce difatti che nel campo esiste una sala di docce molto moderna dove i detenuti verrebbero gasati in serie.”
  3. “L’uomo di fiducia britannico ha, tramite il suo Kommando di Auschwitz, provato di ottenere conferma di questo fatto.”
  4. “Era impossibile provare nulla.”
  5. “I detenuti stessi non ne hanno parlato.”

Spiegazione di queste cinque frasi: Ad Auschwitz e in diverse parti dell’Alta Slesia c’erano soldati britannici che erano stati fatti prigionieri, ad esempio a Tobruk. Lavoravano in particolare nelle miniere. Teschen (in polacco: Cieszyn) si trova al confine con la Cecoslovacchia, a più di cinquanta chilometri in linea d’aria da Auschwitz (Oswiecim). Il dottor Rossel, rappresentante della Croce Rossa, è arrivato in Polonia via Teschen. Lì incontrò il principale uomo di fiducia britannico del posto. Quest’ultimo, sapendo che il dottor Rossel doveva di seguito recarsi al campo di Auschwitz, gli chiese se fosse a conoscenza di voci riguardanti il campo. Ci esisterebbe una (e una sola!) sala di docce molto moderna dove i detenuti verrebbero gasati in serie. Probabilmente il dottor Rossel non ne aveva sentito parlare. L’uomo di Teschen ha legami con il campo di Auschwitz: una squadra di Inglesi fa la spola tra Teschen e il campo. Questa squadra non è stata in grado di dare conferma della voce al nostro uomo. Forse ha spontaneamente interrogato questi uomini. Più probabilmente, così come suggerisce una frase che precede il paragrafo che cito, il dottor Rossel gli ha chiesto di approfondire lui stesso la questione interrogando i propri connazionali. Resta il fatto che si è cercato di “provare” ma che “era impossibile provare nulla”. Quanto agli stessi detenuti di Auschwitz (e non al Britannico di Teschen o ai pendolari), non hanno parlato della vicenda. E neanche il dottor Rossel si sofferma su questo. Senza dubbio conclude che, se i primi interessati non ne parlano, è perché si trova di fronte a una di queste voci provenienti dall’esterno: niente è più comune di tali voci che circolano all’esterno di una prigione sul conto di questa stessa prigione.

Riassumiamo: due frasi per parlare di una voce, poi tre frasi per dire che si è tentato di “ottenere conferma”, di “provare”, ma che non si è pervenuto ad alcun risultato e che i primi interessati, dal canto loro, non hanno parlato sulla vicenda.

Tuttavia, dopo la guerra, gli Americani, che avevano il compito di fare lo spoglio di tutti i documenti e i rapporti in grado di provare i crimini tedeschi, compirono un’operazione altamente discutibile. Il 17 marzo 1947, C. E. Ippen, l’ufficiale responsabile dell’ufficio del dirigente della Commissione per i crimini di guerra, presentò, con la sigla NO-2620, il rapporto della Croce Rossa 2620 nel modo seguente:

Publication on the activity of the International Red Cross in favor of Civilian Internees in German Concentration camps (1939-1945).

E per pagina 92 indicava:

A detachment of British POW worked in a mine at Auschwitz… Spontaneously, the chief British man of confidence asked us whether we know [sic] about the matter of the showers [sic] baths. As a matter of fact, there is a rumor that very up-to-date showers exist at Auschwitz where the prisoners are gassed in large numbers! [1]

L’ufficiale americano qui ha tagliato il testo, non senza arricchirlo con un punto esclamativo particolarmente espressivo.

Da parte sua, a Parigi, il CDJC è andato un po’ più avanti sulla stessa strada. Presentando questo documento sotto la sigla CXXXVIII-b, 21, ne dà la seguente sintesi:

“Ad Auschwitz, un prigioniero di guerra britannico scopre la gasazione dei prigionieri mediante docce’.

Questa volta non si tratta più di una “voce”, ma di una “scoperta”. Nel suo fascicolo “Extermination-Gazage”, il CDJC ha moltiplicato presentazioni di questo tipo. Un lettore poco addestrato sarà, suppongo, affascinato dall’abbondanza di prove di “gasazioni” che crede di scoprire consultando questo fascicolo. Se si prende la briga di verificare il reale contenuto dei documenti in scheda, scopre che in realtà neppure una scheda del CDJC (dico: neppure una scheda) rinvia ad un documento che dimostrerebbe neppure una gasazione.

Il procedimento di Marc Hillel non manca di interesse. L’autore è noto per aver scritto Au nom de la race. Questo libro è stato accolto dalla stampa francese con un concerto di elogi (“Un documento schiacciante”, “Un dossier […] asciutto e preciso come un rapporto di gendarme”, “Una lezione di storia” “Un grande documento, inconfutabile […]”). Marc Hillel ha poi scritto Les Archives de l’espoir. A pagina 255 della sua opera, ecco come riproduce il documento del CICR. Anche qui stacco le frasi numerandole:

  1. “Spontaneamente l’uomo di fiducia britannico ci ha chiesto se eravamo a conoscenza della ‘sala di docce’.”
  2. “Circola infatti una voce che nel campo ci sia una sala di docce molto moderna dove i detenuti verrebbero gasati in serie.”
  3. “L’uomo di fiducia britannico ha, tramite il suo commando di Auschwitz, provato di ottenere conferma di questo fatto.”
  4. “Era impossibile…” [Frase ridotta a queste tre parole.]
  5. [Frase mancante.]

E, in modo continuativo, Marc Hillel, che si è appena concesso una grave amputazione del testo, riprende, senza oltrepassare il limite, sulla seguente frase del documento: “Ancora una volta, uscendo da Auschwitz, abbiamo l’impressione che il mistero resti ben custodito.” Il lettore di Marc Hillel viene così ingannato tre volte:

  1. Crede che “era impossibile” ottenere conferma del fatto dell’esistenza di una camera a gas, quando in realtà l’autore del rapporto dice che “era impossibile provare nulla”, riguardo alla voce dell’esistenza di una camera a gas.
  2. Non sa che l’autore del rapporto ha scritto questa frase capitale alla conclusione della vicenda: “I detenuti stessi non ne hanno parlato.”
  3. È invitato a credere che, se un mistero è ben custodito ad Auschwitz, è quello dell’esistenza di una “camera a gas”.

In realtà, il relatore del CICR è andato a capo per scrivere: “Ancora una volta, uscendo da Auschwitz, abbiamo l’impressione che il mistero resti ben custodito.” E se è andato a capo, è per dare in un tredicesimo paragrafo la conclusione generale di un rapporto di tredici paragrafi, un rapporto in definitiva favorevole ai Tedeschi. Il rapporto dice semplicemente che gli ufficiali “come a Oranienburg [senza una “camera a gas”, come oggi sappiamo] e come a Ravensbrück” [senza più una “camera a gas”] sono “sia amichevoli sia reticenti”.

Questa reticenza degli ufficiali tedeschi può essere spiegata. I detenuti lavoravano per la macchina da guerra tedesca e per l’economia tedesca. Il segreto militare ed economico era essenziale. Non era opportuno informare gli stranieri sulle molteplici attività economiche, scientifiche e di armamenti del complesso di Auschwitz. Ciò è tanto vero che nel marzo 1945 il governo del Reich accettò la presenza permanente nei campi di concentramento di un rappresentante della Croce Rossa a condizione che “si impegnasse a non andarsene prima della fine delle ostilità”.[2]

Il 15 giugno 1977 scrissi a Marc Hillel per chiedergli qualche chiarimento sulle sue fonti, sulla natura di alcune sue citazioni e sulle sue informazioni. Va detto che nel suo libro sono frequenti le falsificazioni di testo. Non ho ricevuto risposta alla mia lettera. Gli scrissi di nuovo il 13 luglio 1977. Senza più una risposta, scrissi al direttore della libreria editrice Arthème Fayard il 13 settembre 1977. Ancora nessuna risposta.

Per la trattazione del rapporto della Croce Rossa da parte delle autorità del Museo Nazionale di Auschwitz si rimanda a Hefte von Auschwitz, n° 8, p. 70, nota 65.

Possiamo purtroppo partire dal principio che quasi tutti i documenti originali che la storia ufficiale è disposta a presentarci, dopo una cernita di cui essa sola ha il privilegio, vengono maltrattati così. Vediamo comunemente storici di buona fede e serietà citare testi che hanno trovato in opere sterminazioniste apparentemente serie. Probabilmente non viene loro in mente che gli autori di queste opere hanno persino mutilato i testi e inventato citazioni. Eppure, niente è più comune. Con un ricercatore americano di Washington, Mark Weber, ho potuto compiere il seguente esperimento. Siamo andati ai National Archives, sezione storica della Seconda Guerra Mondiale. Lì abbiamo deciso di confrontare i testi originali tedeschi, relativi in modo stretto o meno al “Kommissarbefehl”, sia con le traduzioni inglesi del processo di Norimberga, sia con i riassunti fatti dagli Americani (Staff Evidence Analysis). Senza avere alcuna conoscenza approfondita di questo argomento (che non è il mio), ho detto a Mark Weber che probabilmente avrebbe fatto delle scoperte sorprendenti, per un uomo onesto, al ritmo di una ogni cinque minuti. E così è stato durante tutto il nostro esperimento, durato più di un’ora. Sono pronto a ripetere la dimostrazione su qualunque argomento si voglia al Centre de documentation juive contemporaine di Parigi, con l’analisi delle schede di questo centro. Basterà che il tema tocchi in modo stretto o meno le “atrocità” dei vinti.

Nel commercio librario i falsi pullulano. Ne fornisco alcuni esempi alle pagine 283-284 del libro di Serge Thion (Vérité historique ou Vérité politique ?). Si fanno fortune con questa letteratura, spesso molto apprezzata. L’atrocità vende bene. Se da qualche parte scoppia una guerra, si vedono immediatamente emergere sulla scena giornalistica specialisti di atrocità architettate secondo le ricette del genere; i veri orrori sono forse troppo banali? […]

[Pubblicato in Mémoire en défense contre ceux qui m’accusent de falsifier l’histoire, La Vieille Taupe, Parigi 1980 p. 241-247.]

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[1] Un distaccamento di prigionieri di guerra britannici lavorava in una miniera ad Auschwitz… Spontaneamente, il principale uomo di fiducia britannico ci ha chiesto se sappiamo [sic] della questione dei “bagni [sic] docce”. Circola infatti una voce che ad Auschwitz esistano docce molto moderne, dove i prigionieri vengono gasati in gran numero!
[2] Comitato Internazionale della Croce Rossa, Rapport sur l’activité du Comité international de la Croix-Rouge pendant la seconde guerre mondiale (1er septembre 1939 – 30 juin 1947), vol. III, Ginevra 1948; Actions de secours, p. 87.