Sei domande a Giovanni Paolo II a proposito di Edith Stein

In Vaticano, sulla piazza San Pietro, domenica 11 ottobre 1998, Giovanni Paolo II ha proceduto alla canonizzazione di Teresa Benedetta della Croce (al secolo Edith Stein), religiosa carmelitana d’origine ebraica, nata a Breslavia (Slesia) il 12 ottobre 1891 e, secondo la versione ufficiale, morta ad Auschwitz (Slesia) il 9 agosto 1942. Nel corso della sua omelia, il Papa ha pronunciato la frase seguente:

Perché ebrea, Edith Stein fu deportata [dall’Olanda] insieme con la sorella Rosa e molti altri ebrei dei Paesi Bassi nel campo di concentramento di Auschwitz, ove insieme con loro trovò la morte nelle camere a gas [1].

La fine di questa frase implica che, per il Papa, le camere a gas naziste sono veramente esistite. Già nel 1989, Giovanni Paolo II si era azzardato a evocare, in un messaggio ai vescovi polacchi, “lo sterminio degli ebrei destinati alle camere a gas”; poi nel 1990, in una “Meditazione del ‘Ciclo di Jasna Gora’”, aveva parlato delle “camere a gas[2]. Nessun altro papa prima di lui si era preso in tal modo la responsabilità d’affermare l’esistenza e il funzionamento di veri e propri mattatoi chimici in un campo di concentramento tedesco. Pio XII in particolare, morto nel 1958, si era astenuto fino alla fine dal farlo e, come lui, nelle loro memorie di guerra, redatte dal 1948 al 1959, Churchill, Eisenhower e de Gaulle si erano rifiutati di menzionare genocidio e camere a gas.

Perché Giovanni Paolo II ha preso questa straordinaria iniziativa e di quali prove disponeva, prima per affermare l’esistenza di queste camere a gas, poi per precisare che Edith Stein, sua sorella Rosa e molti altri ebrei d’Olanda avevano trovato la morte in tali camere a gas ad Auschwitz? Peraltro, nella stessa omelia, Giovanni Paolo II ha aggiunto:

Nel celebrare d’ora in poi la memoria della nuova Santa, non potremo non ricordare di anno in anno anche la Shoah, quel piano efferato di eliminazione di un popolo, che costò la vita a milioni di fratelli e sorelle ebrei.

Anche qui si pone una domanda: di quali prove disponeva il Papa, in primo luogo per affermare l’esistenza di un programma che prevedeva l’eliminazione del popolo ebraico, in secondo luogo per mettere avanti una cifra di parecchi milioni di vittime di quel programma? Non un solo storico, in particolare Raul Hilberg, osa più pretendere di aver trovato traccia di un tale piano, nemmeno nel “verbale di Wannsee”; quanto ai milioni di vittime ebraiche, dove è stato veramente fatto il conteggio delle perdite ebraiche?

Con queste e qualche altra domanda in mente, ho esaminato, nella vasta bibliografia che era dedicata ad Edith Stein, dapprima un’opera di consultazione pubblicata in Francia nel 1990, poi tre libri recenti pubblicati nel 1998 nonché uno studio risalente pure al 1998 e, infine, un numero abbastanza rilevante di articoli in diverse lingue. Sono conscio del fatto che si tratta qui di un’indagine limitata. È ovvio che, se ne venisse accordato il permesso ai revisionisti, io consulterei, per cominciare, gli archivi, estremamente estesi, del Servizio internazionale di ricerca (SIR) istituito in Germania ad Arolsen-Waldeck; purtroppo quegli archivi sono oggetto di attenta sorveglianza e specialmente a causa dello Stato d’Israele. M’interesserebbe anche il fascicolo costituito per la beatificazione di E. Stein, poi per la sua canonizzazione ma il Vaticano non ne permette la consultazione. Così mi trovo ridotto a sollecitare dalle autorità vaticane in generale e dal Papa in particolare il favore di concedermi una risposta ad alcune domande formulate qui di seguito.

Dalle varie pubblicazioni che ho consultato, emerge che in realtà non si sa né dove, né quando, né come siano scomparse E. Stein e sua sorella. Apparentemente non si ha dunque il diritto di affermare oggi con certezza che esse sono state 1) uccise, 2) in una o più camere a gas ad Auschwitz, 3) il 9 agosto 1942 (poiché tanto è questa la data che è stata recepita da numerosi autori nonché dal Papa, il quale ha auspicato di fare del giorno supposto dell’anniversario della morte di E. Stein una giornata di commemorazione, da parte di tutta la Chiesa cattolica, della Shoah).

Il “calendario” di Auschwitz

Secondo il “calendario degli avvenimenti di Auschwitz” istituito da Danuta Czech, nella versione del 1989, E. Stein, sua sorella Rosa e 985 ebrei sono stati deportati dal campo di Westerbock (Olanda) e sono giunti al campo di Auschwitz l’8 (e non il 9) agosto 1942. Di questi 987 ebrei, 464 sarebbero stati registrati per il lavoro (315 uomini e 149 donne) mentre gli altri 523 sarebbero stati immediatamente gassati [3]. Come sempre nel “calendario”, quest’ultima precisazione non è sorretta da nessuna prova; è così d’altronde che sono stati considerati gassati, secondo questo “calendario”, degli ebrei di cui io ho potuto dimostrare che erano sopravvissuti alla guerra. Queste 523 persone di cui Danuta Czech non sembra aver ritrovato traccia negli archivi del campo possono essere state portate, prima di Auschwitz, a Cosel o ancora, giunte ad Auschwitz, possono essere state avviate verso uno dei sottocampi del complesso di Auschwitz o verso qualsiasi altro campo di lavoro.

Secondo l’opera di Suor Waltraud Herbstrith

In Le Vrai Visage d’Edith Stein, generalmente considerata opera di consultazione, Suor Waltraud Herbstrith scrive:

La “Gazzetta Ufficiale” olandese pubblicò, il 16 febbraio 1950, i nomi di tutti gli ebrei che erano stati deportati dall’Olanda il 7 agosto [1942]. Vi si legge sulla lista 34: “Numero 44074, Edith Theresia Edwige Stein, nata il 12 ottobre 1891 a Breslavia [Slesia], proveniente da Echt [Olanda], morta il 9 agosto 1942” [4].

E aggiunge per conto suo:

Siccome era notorio che nessuno di quel convoglio era rimasto in vita, il 9 agosto [1942] fu dichiarato giorno del decesso delle vittime.

Si sarà notato che questa “Gazzetta Ufficiale” non precisa dove è morta E. Stein e che la data della sua morte è detta, da W. Herbstrith, “notoria”, il che implica che non è stata condotta una vera e propria ricerca; la data risulta da una speculazione, come avviene in ciò che si chiama in Francia “jugement déclaratif de décès” (equivale a ciò che si chiama in italiano “dichiarazione di morte presunta” – N.d.T.)[5].

Secondo il settimanale La Vie

In un recente articolo di La Vie (un tempo La Vie catholique illustrée), si può leggere:

[E. Stein viene] giustiziata in condizioni oscure, probabilmente ad Auschwitz, ufficialmente il 9 agosto 1942 [6].

Si sarà notato che l’autore dell’articolo riconosce che non si sa, in effetti, veramente dove e quando E. Stein sia morta; quanto alla parola “giustiziata”, è abusiva, poiché, non essendo noti il luogo e la data della morte, ne consegue che non si può veramente sapere come sia avvenuta quella morte.

Secondo il libro di Joachim Bouflet

In Edith Stein, philosophe crucifiée, Joachim Bouflet scrive:

[Edith Stein viene deportata] verso l’Est. Verso Auschwitz, dove sarà gassata all’arrivo del convoglio, il 9 agosto con sua sorella Rosa [7]

E aggiunge nella sua “cronologia”:

9 agosto 1942: gassata con la sorella Rosa ad Auschwitz-Birkenau.

Si sarà notato che l’autore, che sembra ignorare che il convoglio è arrivato ad Auschwitz l’8 agosto e non il 9, precisa, in base a non si sa quale prova, che la “gassazione” è avvenuta a Birkenau; in quella data, secondo la vulgata, questa “gassazione” sarebbe ancora potuta avvenire sia ad Auschwitz-I, sia in una “fattoria” di Birkenau.

Secondo il libro di Bernard Molter

In Edith Stein, martyre juive de confession chrétienne, Bernard Molter scrive:

Il 7 agosto, il convoglio [partito dall’Olanda] si mette in viaggio. Verso l’Est. Poi, è silenzio. Il grande silenzio di Auschwitz-Birkenau dove [E. Stein] viene sterminata, probabilmente già all’arrivo il 9 agosto [8].

E aggiunge nei “Riferimenti biografici”:

Il 9 agosto probabilmente, muore gassata a Auschwitz-Birkenau.

Si sarà notato che l’autore che, anche qui, sembra ignorare che il convoglio è arrivato ad Auschwitz l’8 agosto e non il 9, ha l’onestà di scrivere che è “probabilmente” in quest’ultima data che E. Stein è morta. Quanto alla parola “sterminata”, è tanto più sbagliata in quanto una tale parola si può applicare solo ad un gruppo di persone e non ad un individuo.

Scrivendo: “il convoglio si mette in viaggio. Verso l’Est. Poi è silenzio”, l’autore ha sfiorato la verità; si sarebbe dovuto fermare lì senza aggiungere la frase seguente.

Secondo il libro di Christian Feldmann

In Edith Stein, juive, athée, moniale, Christian Feldmann scrive:

Secondo le informazioni del Ministero della giustizia [di quale paese?], Edith e Rosa Stein sono state gassate subito dopo il loro arrivo ad Auschwitz, il 9 agosto 1942 [9].

Secondo lo studio di Bernard Dupuy

In uno studio intitolato “Edith Stein dans les griffes de la Gestapo. Précisions nouvelles sur son envoi en déportation” (Edith Stein nelle grinfie della Gestapo. Nuove precisazioni sul suo avvio alla deportazione), Bernard Dupuy scrive:

Duecentoquarantadue Ebrei cattolici [tra cui Edith e Rosa Stein], schedati, arrestati e deportati sarebbero stati inviati tutti insieme, sin dal loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau, il 9 agosto, alla camera a gas [10].

L’autore, che si riconosce tributario dell’opera di consultazione di W. Herbstrith e del libro di J. Bouflet, ha la prudenza di usare il condizionale ma, contrariamente agli autori ai quali s’ispira, commette l’imprudenza di aggiungere che tutti gli ebrei cattolici sarebbero stati, come E. e R. Stein, gassati il 9 agosto (per: l’8 agosto).

Un plagio generalizzato?

Insomma, tutti questi autori sembrano copiare gli uni gli altri o attingere ad una stessa fonte, povera e dubbia, e ciascuno, in fin dei conti, guarnisce il racconto tradizionale di qualche invenzione personale.

Ci si può porre una domanda per sapere se il Papa o i suoi consiglieri non abbiano, a loro volta, semplicemente ripetuto sulla morte di E. Stein e degli altri ebrei di quel convoglio ciò che, per anni, si è ripetuto con insistenza senza procedere ad alcuna verifica.

Altra domanda: E. Stein Sarebbe forse morta di tifo?

Se E. Stein è veramente arrivata ad Auschwitz nell’agosto 1942, forse è morta a causa di una di quelle terrificanti epidemie di tifo che devastavano il campo all’epoca? Anche la città di Auschwitz ne era colpita. Sono morti dei Tedeschi nel campo, compresi dei medici SS.

Altra domanda: alcuni membri della famiglia Stein sarebbero forse sopravvissuti?

Nell’omelia, il Papa ha salutato

… i numerosi pellegrini venuti a Roma, con un particolare pensiero per i membri della famiglia Stein, che hanno voluto essere con noi in questa lieta circostanza. 

Certo, dei membri della famiglia Stein avevano lasciato l’Europa per tempo, ma altri erano rimasti, a Breslavia per esempio. È così che si legge, nell’opera di W. Herbstrith:

Il 28 luglio [1942] giunse [a conoscenza d’E. Stein] la terribile notizia che i fratelli e le sorelle di Edith Stein a Breslavia, la famiglia di suo fratello Paul e di sua sorella Frieda erano stati condotti a Theresienstadt [11].

Desidereremmo conoscere la sorte di queste persone. Alcune di loro sono forse sopravvissute alla guerra? O forse alcuni dei loro figli, nati dopo la guerra, erano presenti alla cerimonia?

I vescovi d’Olanda hanno forse la responsabilità principale di questa deportazione?

Ci dichiarano spesso che le autorità d’occupazione hanno cinicamente ingannato i vescovi d’Olanda: dopo aver assicurato loro che gli ebrei battezzati non sarebbero stati toccati da nessuna misura coercitiva, i Tedeschi, venendo meno all’improvviso alla parola data, avrebbero deciso di deportare quegli ebrei. La verità non sarebbe forse completamente diversa? La Chiesa cattolica d’Olanda non avrebbe forse prima mancato ai suoi impegni espliciti o impliciti, poi adottato un atteggiamento decisamente provocatorio nei confronti delle autorità d’occupazione?

Per rispondere a questa difficile domanda, ci si richiamerà, per confrontarli, ad un brano del libro di C. Feldmann dove si trova esposto il punto di vista antitedesco, poi ad un brano dell’opera di W. Herbstrith dove si trova riassunto, sotto forma di documento, il punto di vista tedesco durante la guerra.

Feldmann scrive:

L’11 luglio 1942, dei dirigenti religiosi di tutte le confessioni [cattolica e protestanti] inviarono un telegramma al Commissario del Reich, Seyss-Inquart, nel quale insorgevano contro la deportazione delle famiglie ebree. – Per ingannare la gente, le autorità del Reich assicurarono che gli Ebrei battezzati non erano interessati dalle misure coercitive. Ma ciò non dissuase le Chiese d’Olanda dal dichiararsi solidali con gli Ebrei perseguitati. Un’infiammata protesta contro la deportazione delle famiglie ebree fu letta il 26 luglio in tutte le chiese d’Olanda, di tutte le confessioni. Nelle chiese cattoliche, oltre alla protesta fu letta una lettera pastorale che chiedeva ai credenti di fare l’autocritica: “[…] Non abbiamo forse nutrito empi sentimenti d’odio e d’amarezza?” La lettera terminava con una preghiera molto provocatoria per le forze d’occupazione […]. Una resistenza così dimostrativa contro il richiamo all’ordine delle coscienze non poteva ovviamente essere tollerata. Tanto più che era stato ignorato l’espresso divieto fatto da Seyss-Inquart, Commissario del Reich, di leggere dal pulpito il telegramma di protesta che gli era stato indirizzato. Gli occupanti nazisti reagirono violentemente il 2 agosto […]. Arrestarono tutti gli Ebrei cattolici, religiosi e religiose compresi, ovvero milleduecento persone secondo certe stime [12].

Si sarà notato che, persino agli occhi di un autore molto favorevole alla causa degli ebrei e dei cattolici, i vescovi hanno adottato in quella circostanza un atteggiamento deliberatamente provocatorio. “Un’infiammata protesta… una preghiera molto provocatoria… una resistenza così dimostrativa… era stato ignorato l’espresso divieto”: tali sono le parole scelte da Feldmann. Ma c’è un altro punto, assai più importante, che merita di essere sottolineato e suscita un quesito: come mai i Tedeschi hanno arrestato gli ebrei cattolici senza arrestare contemporaneamente gli ebrei protestanti? Come spiegare questa differenza di reazione? Non ci sarebbe forse stata una ragione precisa per quest’anomalia?

La risposta a queste domande sembra trovarsi in un documento tedesco, che C. Feldmann passa sotto silenzio e che W. Herbstrith cita in maniera purtroppo parziale. Emerge da questo documento che, per i Tedeschi, le Chiese cristiane (quella cattolica e quelle protestanti) erano state avvertite che sarebbero potute intervenire a favore degli ebrei cristiani ma non a favore degli ebrei di osservanza mosaica. Se queste Chiese si fossero occupate delle loro pecorelle, i Tedeschi non se la sarebbero presa con gli ebrei cristiani. Il documento reca scritto:

Le Chiese protestanti non sono insensibili a questo modo di vedere e non hanno promosso per parte loro nelle proprie chiese nessuna manifestazione, preghiera, ecc. Al contrario, la Chiesa cattolica, domenica scorsa, ha parlato nelle sue chiese della deportazione degli Ebrei. Sarebbe a dire presumibilmente che il punto di vista del Commissario del Reich non sarebbe stato reso noto in tempo dappertutto [13] 

Si vede con ciò che, secondo il punto di vista delle autorità tedesche, la Chiesa cattolica avrebbe finto d’ignorare un avvertimento, una promessa e un espresso divieto di cui le Chiese protestanti, invece, avrebbero tenuto conto. È possibile che, in certi luoghi del culto protestante, siano state ignorate le istruzioni della gerarchia delle Chiese protestanti ma la Chiesa cattolica, dall’alto della sua gerarchia, ha deciso di non tenere nessun conto dell’avvertimento, della promessa, e dell’espresso divieto delle autorità d’occupazione; essa ha persino aggiunto la sfida al rifiuto: ha fatto leggere pubblicamente il telegramma di protesta ed aggiunto quella lettera pastorale.

Di conseguenza, non è forse questo comportamento di rifiuto e di sfida che ha provocato la deportazione di Edith Stein? Si può giudicare coraggiosa l’iniziativa della Chiesa cattolica d’Olanda così come si può considerare giustificato l’atto, per un terrorista o un resistente, di mettere una bomba o di assassinare qualcuno; ma, quando viene il momento della rappresaglia – inevitabile in questo caso secondo C. Feldmann stesso – dove sono i principali responsabili? E. Stein, R. Stein e gli altri ebrei cattolici non si sarebbero forse visti risparmiare la deportazione, seguita, per alcuni di loro, dalla morte durante l’occupazione, se la Chiesa cattolica olandese avesse osservato lo stesso comportamento delle Chiese protestanti olandesi? Senza voler offendere nessuno, non si ha forse almeno il diritto di porre questa domanda?

Perché tali varianti da una lingua all’altra nel testo dell’omelia?

Il Vaticano e L’Osservatore Romano hanno la reputazione di mostrarsi cavillosi nella traduzione dei documenti pontifici. Non mancano di esperti di traduzioni. Ora, se si confrontano tra loro le varie versioni dell’omelia dell’11 ottobre 1998 in francese, in inglese, in tedesco e in italiano, ci sono due domande che possono essere formulate in proposito:

1) Perché nelle versioni tedesca ed inglese si dice che Edith e Rosa Stein sono state deportate “con molti altri ebrei cattolici dei Paesi Bassi” mentre, nelle versioni francese ed italiana, la parola “cattolici” non compare?

2) Perché la versione francese è giudaizzata nel senso che, là dove le altre versioni menzionano il Signore (“the Lord”, “der Herr”, “il Signore”), quella versione reca: Yahvé?

Conclusione

Per il tramite de L’Osservatore Romano, a cui indirizzo il presente testo affinché sia trasmesso alla competente autorità vaticana, io mi permetto dunque, in sintesi, di porre a Giovanni Paolo II le seguenti domande con la speranza di ricevere una risposta che io possa, con la sua autorizzazione, rendere pubblica:

  1. Quali prove ha Lei che Edith Stein sia morta ad Auschwitz in una camera a gas omicida il 9 agosto 1942?
  1. Quali prove ha Lei che la Germania avesse un programma che prevedesse l’eliminazione fisica del popolo ebraico?
  1. Lei ha forse ordinato un’indagine, in particolare presso il Servizio internazionale di ricerche di Arolsen-Waldeck, per sapere se, per esempio, Edith e Rosa Stein non siano morte in un luogo diverso da Auschwitz o se non siano state vittime delle epidemie di tifo che, in particolare nel 1942, hanno devastato il campo di Auschwitz fino a provocare talvolta centinaia di morti in un giorno, persino tra i guardiani tedeschi e i medici SS del campo?
  1. Alcuni membri della famiglia Stein, internati durante la guerra dai Tedeschi, sono forse sopravvissuti fino a poter assistere alla cerimonia di canonizzazione dell’11 ottobre 1998 in Vaticano?
  1. I vescovi d’Olanda non hanno forse, a differenza delle autorità protestanti, la responsabilità principale della decisione tedesca di deportare gli ebrei cattolici?
  1. Perché si rilevano, tra una lingua e l’altra, delle importanti varianti nel testo dell’omelia pronunciata l’11 ottobre 1998?

NB Lo storico francese Vincent Reynouard ha appena pubblicato un esame revisionista del caso di Edith Stein; cfr. “Sur Edith Stein”, ANEC Informations, 29 ottobre 1998, p. 3-5.

4 novembre 1998

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Note

[1] L’Osservatore Romano, edizione dei 12-13 ottobre 1998, p. 6-7.
[2] L’Osservatore Romano, 27 settembre 1990, p. 1.
[3] Danuta Czech, Kalendarium der Ereignisse des Konzentrationslagers Auschwitz-Birkenau 1939-1945, Rowohlt, Amburgo 1989, p. 269.
[4] Waltraud Herbstrith, Le Vrai Visage d’Edith Stein, O.E.I.L., Parigi 1990, p. 213; titolo originale: Das Wahre Gesicht Edith Steins, G. Kaffe, Bergen-Enkheim (Francoforte) 1971.
[5] Quando non è nota la data della scomparsa di un deportato, lo stato civile considera come data del suo decesso il giorno stesso o il giorno successivo a quello in cui quel deportato è arrivato nel campo. In certi cimiteri ebraici in Germania si possono vedere delle iscrizioni tombali che recano, per due o tre membri di una stessa famiglia, la stessa data di decesso nello stesso campo di concentramento; si rischia di dedurne che tutte queste persone siano state assassinate contemporaneamente, mentre in realtà ogni membro di quella famiglia può avere trovato la morte in date diverse per cause diverse, in circostanze diverse, e persino in campi diversi.
[6] Jean-Pierre Manigne, “Edith Stein, juive et martyre”, La Vie, 8 ottobre 1998, p. 71.
[7] Joachim Bouflet, Edith Stein, philosophe crucifiée, Presses de la Renaissance, Parigi 1998, p. 273.
[8] Bernard Molter, Edith Stein, martyre juive de confession chrétienne, Cana, Parigi 1998, p. 145.
[9] Christian Feldmann, Edith Stein, juive, athée, moniale, Éditions Saint-Augustin, Saint-Maurice (Svizzera) 1998, p. 144
[10] Istina, XLIII (1998), p. 289.
[11] W. Herbstrith, op. cit., p. 165.
[12] C. Feldmann, op. cit., p. 138-139.
[13] W. Herbstrith, op. cit., p. 177.