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Pio XII e la “Shoah”

[Riguarda: Parole raccolte da Elie Maréchal: “L’historien Edouard Husson revient sur l’attitude du pape Pie XII face à la Shoah” (lo storico Edouard Husson ritorna sull’atteggiamento di Pio XII riguardo la Shoah, Le Figaro, 15 febbraio 2002, p. 9)]

 

È inesatto che Pio XII abbia parlato dello “sterminio degli ebrei” nel senso che si dà oggi a questa espressione, vale a dire nel senso di “sterminio fisico programmato, specialmente attuato per mezzo delle camere a gas”.

Nel radiomessaggio, spesso ricordato, del 24 dicembre 1942, il Papa ha parlato di “centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento”.

Il 2 giugno 1943, nel suo discorso al Sacro Collegio, egli dirà riguardo a queste stesse persone che sono destinate “talora, anche senza propria colpa, a costrizioni sterminatrici”.

Pio XII ha principalmente pensato, senza fare alcuna distinzione tra queste due categorie, alla sorte di civili tanto di nazionalità polacca che di stirpe ebraica (la parola “stirpe” essendo qui usata dal punto di vista di quei Tedeschi a cui il Papa rimprovera di perseguitare gli ebrei).

Per maggiori precisazioni ci si riferirà, per quanto riguarda il radiomessaggio, agli Atti e discorsi di Pio XII, vol. IV (1942), ed. S. Paolo, Roma 1943, p. 327, e per quanto riguarda l’allocuzione, agli stessi Atti e discorsi, vol. V (1943), 1944, p. 134.

Contrariate da queste parole, le autorità tedesche tuttavia non hanno impedito la stampa, nel 1943, del radiomessaggio e nemmeno, l’anno dopo, la stampa stessa oppure i preparativi della stampa del secondo testo (gli Alleati sono entrati a Roma, dichiarata dai Tedeschi “città aperta”, soltanto il 4 giugno 1944).

Nel suo radiomessaggio del 24 dicembre 1942, il Papa riecheggiava, in qualche modo, la solenne dichiarazione degli alleati (Stati-Uniti, Gran Bretagna, Unione sovietica e altri nove Nazioni fra cui la Francia rappresentata a Londra) contro la “bestiale politica di sterminio a sangue freddo” (bestial policy of cold-blooded extermination) praticata dai Tedeschi contro gli ebrei d’Europa e, in particolare, contro gli ebrei polacchi. Questa dichiarazione, fatta il 17 dicembre 1942, non implica assolutamente che gli alleati credessero, come si pretende oggi, ad una supposta “politica di sterminio” dalle proporzioni industriali e con dei mezzi industriali come l’uso di camere a gas. Il testo dimostra che essi pensavano essenzialmente alla morte provocata da un’estenuante fatica, dal freddo, dalla fame o dalle esecuzioni di massa (Parliamentary Debates, 17 dicembre 1942: House of Commons, cols 2982-3; House of Lords, cols. 607-608). Otto mesi più tardi, nella loro dichiarazione del 2 agosto 1943, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ammonivano solennemente i responsabili tedeschi che essi sarebbero stati castigati per i loro crimini contro le “persone” (la parola “ebrei” non appariva) deportate nei campi di lavoro o di concentramento. Gli alleati facevano precisamente le seguenti affermazioni: dei bambini venivano uccisi sul posto al momento del loro arresto; alcuni venivano separati dai loro genitori per essere inviati in Germania e poi educati come Tedeschi; altri erano venduti a contadini tedeschi; altri ancora erano inviati, con le donne e i vecchi, in vari campi di concentramento (“U.S. and Britain Warn Nazi Killers”, New York Times, 30 agosto 1943, p. 3). Nella loro bozza di dichiarazione comune gli Americani avevano precisato: “in campi di concentramento, in cui vengono ora sistematicamente messi a morte in camere a gas”; ma su pressione degli Britannici, che gli facevano notare “l’insufficienza delle prove” (insufficient evidence) per poterne affermare l’esistenza, essi avevano deciso di sopprimere ogni allusione a questi mattatoi chimici (Foreign Relations of the United States / Diplomatic Papers / 1943, Volume I, p. 416-417).

Sicuramente Pio XII non ha denunciato l’esistenza e il funzionamento di camere a gas omicide. Non l’ha fatto né quando a Roma c’erano le truppe tedesche, né dopo il 4 giugno 1944. Ma lo stesso atteggiamento hanno avuto Churchill, De Gaulle, Eisenhower e tanti alti responsabili alleati, anche nelle loro “memorie”, pubblicate molti anni dopo la guerra. Quando si è coscienti delle proprie responsabilità politiche e si ha cura del proprio buon nome, si ha ripugnanza a sostenere le calunnie forgiate dalle officine della propaganda.

Avendo a disposizione in Polonia “tante spie quanti erano i Polacchi”, Pio XII sapeva come regolarsi sulla reale situazione dei suoi protetti come pure sulle dicerie o sulle menzogne a base di atrocità. Egli detestava Hitler, da lui chiamato, a quanto si dice, “il caporale di Boemia”, ma non per questo si sentiva obbligato ad insozzare l’avversario con atroci menzogne.

Le due dichiarazioni di Pio XII, quella del 24 dicembre 1942 e quella del 2 giugno 1943, proprio come le due dichiarazioni degli Alleati, quella del 17 dicembre 1942 e quella del 29 agosto 1943, davano ad intendere che la Germania praticava una politica crudele verso i Polacchi e gli ebrei. Se Hitler non ha ritenuto doveroso opporre una smentita alle affermazioni contenute in quelle quattro dichiarazioni e se, nel caso delle due dichiarazioni di Pio XII, egli ne ha tuttavia tollerato la stampa e la diffusione, ciò si deve al fatto che egli aveva saputo cogliere il significato che simili dichiarazioni avevano allora. E se, in quel momento, egli avesse realmente praticato una politica di sterminio fisico degli ebrei, particolarmente per mezzo di camere a gas, non avrebbe potuto non allarmarsi vedendo che il Papa la rivelava pubblicamente e non avrebbe permesso a Pio XII di dire e ripetere, a voce e per iscritto, le sue esternazioni del 1942 e del 1943.

Pio XII non è rimasto affatto in silenzio circa la sorte degli ebrei durante la guerra. Egli ha condannato pubblicamente la politica di Hitler nei loro confronti. Lo ha fatto come l’hanno fatto i più alti responsabili alleati di allora e in termini uguali. Al pari di questi responsabili, però, non ha creduto a un genocidio o alle camere a gas.

Ha fatto bene. Gli alti responsabili alleati, anch’essi, hanno fatto bene. Nessuno è obbligato a credere a ciò che non è mai esistito. Nessuno è obbligato a diffondere infamie.

15 febbraio 2002