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Per una storia veridica della seconda guerra mondiale

In questo affare delle pretese “camere a gas” e di preteso “genocidio”, il numero dei bugiardi, degli imbroglioni e dei truffatori sarà stato, in definitiva, relativamente modesto. D’altra parte, sarebbe del tutto inesatto pretendere che ci sia stato un complotto o una congiura per travestire la verità della seconda guerra mondiale o per ostacolare la ricerca di questa verità.

Mi parrebbe più giusto dire che si è andato costruendo un mito, una sorta di religione patriottica che mescola il vero e il falso in dosi diverse presso i vincitori dell’ultima guerra. La ricerca della verità è stata imbrigliata da una sorta di tabù, da una censura spontanea, da un terrorismo che non ha nemmeno consapevolezza del terrore che diffonde. Così, storici di parte sono stati spinti a sostenere, con le loro parole e i loro scritti o con un silenzio reverenziale, il culto di certe rappresentazioni mitiche che, in un determinato momento della storia delle nostre società, sono state essenziali per queste stesse società.

D’altronde, l’evoluzione delle società comporta l’evoluzione dei miti. Questo mito delle “camere a gas” e del “genocidio” ha fatto il suo tempo. Da qualche anno, non sopravvive che in forme sempre più ripetitive, lancinanti, incantatorie e prive di senso. Più ossessionante è il clamore delle funzioni, più sensibile è la confusione degli officianti.

[…]

Potranno cominciare ricerche vere e proprie sulla seconda guerra mondiale. Gli archivi potranno essere accessibili a tutti i ricercatori senza la scandalosa discriminazione che permette agli uni di passare avanti, di mietere e di scegliere, mentre altri non possono che essere scavalcati e spigolare, quando non vengono espulsi da certe biblioteche o da certi centri di ricerca, aperti tuttavia, in linea di principio, ad ogni ricercatore. Si potranno affrontare certi argomenti. Potranno vedere la luce delle testimonianze senza rischi per i loro autori. Tutto ciò diverrà possibile a meno che, come purtroppo è il caso della Germania e della Francia, il terrorismo istituzionale non scenda in soccorso di una credenza religiosa che barcolla. In certi paesi anglosassoni, è orinai troppo tardi per gli spiriti religiosi; la ricerca scientifica comincia a riprendersi i suoi diritti.

Se ne lamenteranno solo coloro che pretendono di trarre vantaggio dal mito. L’orrore dei campi di concentramento – di tutti i campi di concentramento – e la sofferenza degli internati e deportati – di tutti gli internati e i deportati dell’ultima guerra – si riveleranno così in tutta la loro realtà e in tutta la loro verità. Finora, questo orrore e questa sofferenza hanno suscitato testimonianze di grande valore, ma queste testimonianze sono state o contaminate o deformate o avvolte da un fiume di rappresentazioni mitiche o apologetiche.

30 ottobre 1980

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Robert Faurisson, Mémoire en défense…, La Vieille Taupe, Paris 1980, p. 271 ss.
Riprodotto parzialmente in Robert Faurisson, Écrits révisionnistes (1974-1998), 1999, vol. I, pp. 227-9.
Prima traduzione italiana (parziale): Il Caso Faurisson, a cura di Andrea Chersi [1981], pp. 29-30.
Nova traduzione (parziale) in Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, Genova 1997, pp. 98-9.