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Milioni di ebrei europei, caduti sotto il dominio tedesco dal 1939 al 1945, sopravvissero alla guerra

L’8 luglio 1997 il quotidiano La Montagne riproduceva, a p. 12, il seguente dispaccio d’agenzia:

Il Fondo per le vittime della Shoah aiuterà
più di quattrocentomila persone

Berna. – Il fondo speciale creato su iniziativa delle banche svizzere per le vittime dell’Olocausto e i loro parenti bisognosi dovrebbe aiutare più di 400.000 persone, è stato indicato ieri a Berna, dove per la prima volta si è riunita la sua direzione.

Secondo il segretario generale del Congresso ebraico mondiale, Israel Singer, il fondo potrebbe venire in aiuto a circa 400.000 beneficiari, oggi di età media 80 anni.

Il presidente del Fondo, lo Svizzero Rolf Bloch, ha invece stimato in un milione i “potenziali” beneficiari – ebrei o non – mentre secondo il deputato israeliano Avraham Hirschson il provvedimento potrebbe riguardare dai 600.000 agli 800.000 ebrei.

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Questo dispaccio d’agenzia ha il vantaggio di ricordare una verità evidente: nel 1945, all’indomani della guerra, gli ebrei europei “c’erano ancora”. Questa formula, così significativa nella sua semplicità e accuratezza, è del revisionista americano Arthur Robert Butz.

Cinquantadue anni dopo la fine della seconda guerra mondiale più di quattrocentomila ebrei con un’età media di ottant’anni (o, forse, da seicentomila a ottocentomila ebrei) sopravvissero alle dure prove dell’occupazione tedesca di alcuni paesi europei. Sono chiamate “vittime della Shoah”. Queste cifre da sole confermano che ho avuto ragione nell’affermare che milioni di ebrei europei sono sopravvissuti all’occupazione tedesca. Dal 1945 molti ebrei lasciarono paesi come la Polonia per la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, il Sud Africa, l’Australia, la Nuova Zelanda e, soprattutto, la Palestina (Stato di Israele).